ERIC SAMS | «L'OPERA LIRICA È PASSIONE E PERFIDIA PER PARANOICI» Critiche d'opera, scritti su Hanslick
Collana Le Opere di Eric Sams | 2015 | pp. 234 | ISBN 9788898630073 | brossura |
18,00€ 14,40€ | Anche eBook
A cura di Erik Battaglia
Nel 1976, quando i suoi volumi su Wolf (1961) e Schumann (1975) sono saldamente in catalogo insieme al piccolo libro su Brahms (1972), e una serie di saggi su Schubert lascia intendere che il volume sui suoi Lieder sia prossimo, Eric Sams accetta la sfida di diventare critico d’opera per il New Statesman, il settimanale di sinistra nato col supporto di Bernard Shaw e diretto pro tempore da Anthony Howard (che aveva reclutato anche Christopher Hitchens e Martin Amis).
Nel primo articolo (“Blue Murder”), Sams racconta con ironia epica il suo sconfinamento dal mondo del Lied a quello dell’opera; ma già dalla primissima recensione la naturalezza della cultura melodrammatica messa in campo è straordinaria, e tanta conoscenza e competenza sono anche il sintomo di amore per l’opera e umana comprensione per le debolezze del suo pubblico, pronto ad assistere al rito sospendendo il senso critico e logico in termini quasi fideistici. Il liederista Sams calibra dunque bene il suo stile e le finalità del suo scrivere. Come Wolf e Nietzsche, anche Sams eccelle nella forma aforistica. Ma il suo punto di forza è il gioco di parole come simbolo di quel gioco di società che è l’opera lirica, basato sul virtuosismo talvolta vacuo di autori e interpreti. Così, il continuo virtuosismo linguistico del calembour è la candela che dà la scintilla al motore a tre tempi delle sue critiche (esposizione, recensione, sintesi sociologica) ma getta anche una calda luce sulla sua prosa brillante e conferisce un’espressione sorridente (talvolta beffarda) anche alle riserve più severe sull’opera e i suoi interpreti. Lo stesso fa Sams con i libri e i loro autori, in una serie di recensioni la cui lettura resta godibile a decenni di distanza, anche se i libri (così come le produzioni operistiche) sono nel frattempo caduti nel dimenticatoio.
Così Sams: “Hanslick sosteneva che i critici dovrebbero avere qualche esperienza di composizione, cosa che sembra abbastanza ragionevole”. La competenza musicale (ovvero il saper comporre musica a un discreto livello e il saper suonare bene il pianoforte) accomuna Sams al suo predecessore; l’altro punto in comune tra loro è la carriera di funzionario pubblico, o civil servant, che ambedue intrapresero per periodi più o meno lunghi. La militanza di Hanslick, poi, fu decisamente più lunga e importante rispetto a quella di Sams, il quale di contro (e anche viste le mutate dinamiche professionali) ebbe una più composita produzione teorica, seppur limitata ad alcuni aspetti dello scibile: il Lied tedesco, la crittografia (musicale e non), la crittologia musicale, Shakespeare. Tuttavia, alla imponente produzione di Hanslick nel campo della critica teatrale e concertistica non è sbagliato contrapporre l’altrettanto vasta produzione di Sams nel campo delle recensioni di libri, dischi, edizioni musicali, coronata infine da tre anni di attività come critico d’opera. Del resto, proprio i cento anni esatti trascorsi tra la parabola vitale e creativa di Hanslick (1825-1904) e quella di Eric Sams (1926-2004) permisero a quest’ultimo quel distacco generazionale necessario per l’obiettività di giudizio. Il caso Hanslick non era più centrale e decisivo come per i musicologi della generazione precedente; tuttavia, rimaneva per molti versi attuale, e per Sams, sgombrato il campo dai residui focolai delle querelle ottocentesche, era necessario sciogliere il nodo principale dell’eredità critica di Hanslick: si trattava in pratica di conciliare la porzione ancora valida del formalismo giovanile di Hanslick con il suo pensiero e la sua prassi della maturità, e infine con quella che oggi definiamo la teoria samsiana dei motivi, ovvero l’analisi del Lied (e per estensione di tutta la musica) a partire dal rapporto di analogia tra i minimi comuni denominatori di musica e poesia o di musica e suono o immagine verbale.
Copertina: Tiziana Valente
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